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Hard Rock

John Corabi, il cantante gregario

today30 Maggio 2022 432

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Ci sono cantanti che pochi ricordano: John Corabi è uno di questi. Probabilmente chi ha memoria del suo nome lo deve al buon successo che hanno avuto i tre ottimi album dei The Dead Daisies con lui al microfono. Ma la storia di questo poliedrico artista ha radici più lontane: andiamo a scoprirle.

JOHN CORABI, LE ORIGINI

John Corabi

La carriera musicale di Corabi, nato il 26 aprile del 1959, inizia in una piccola band chiamata Angora, con la quale incide una demo tape di sei pezzi. I concerti seguenti misero in luce le sue incredibili doti canore, alle quali spesso accompagna quelle di seconda chitarra. Fu così che nel 1989 fu interpellato per entrare a far parte di una band nascente, i Saints Or Sinners.

UNA BAND FENOMENALE

Il gruppo in questione nacque con una line up da togliere il fiato. Oltre al semi sconosciuto Corabi alla voce e chitarra acustica, fanno parte della band un tal Scott Travis alla batteria, Bruce Bouillet alla chitarra e Juan Alderete al basso. I pezzi che stavano nascendo dalle menti di questi fenomeni erano pazzeschi ma il gruppo venne presto cannibalizzato. A Fine 1989 Travis lascia la band per approdare ai Judas Priest, con i quali debutta su Painkiller. Il suo posto dietro le pelli fu preso dall’ottimo Walt Woodward III, morto nel 2010 per avvelenamento da alcool.

1991 – THE SCREAM

La band cambia nome in The Scream e pubblica un mostruoso debutto intitolato “Let it Scream”. Abbiamo tra le mani un capolavoro di Hard Rock a tutto tondo, che passa dallo sporco stile più street a ballad da lasciare senza fiato. I suoni sono ancora quelli tipici del Sunset Strip, anche se qualche influenza grunge nelle chitarre inizia a farsi sentire. La prestazione di Corabi è fuori dalle righe, a tal punto da attirare l’attenzione dei glam rockers più famosi di Los Angeles.

John Corabi

IL CAPOLAVORO TARGATO MOTLEY CRUE

I glamster di Los Angeles avevano da poco perso Vince Neil ed erano alla disperata ricerca di un cantante. Dopo un paio di audizioni, Nikki Sixx e Tommy Lee affermarono che “Corabi era in grado di cantare qualsiasi cosa”. L’affinità tra Mars e Corabi fu istantanea, le due chitarre diedero un sound nuovo di zecca al gruppo. Anche il songwriting ne trasse giovamento, visto che i pezzi scritti da Corabi si allontanavano dai soliti temi della band di sesso e ribellione.
Che cosa non funzionò allora in quel disco, uscito nel 1994 e partito bene piazzandosi al settimo posto di Billboard, per poi sprofondare letteralmente all’inferno? Nulla. Le canzoni erano una bomba: Corabi aveva portato una tale ventata di novità e una tale freschezza compositiva da aver letteralmente spiazzato i fan del gruppo. Il Grunge aveva sfondato sul mercato e il classico glam rock stava crollando, sommerso da sonorità nuove.

Ma i Motley Crue qui avevano solo una colpa: chiamarsi Motley Crue. Il loro nome era sinonimo di glam, di alcool a fiumi, di donne nude e capelli cotonati. Questi nuovi Motley sono asciutti, essenziali, taglienti. Sono avanti, troppo avanti per quel genere di mercato. Troppo diversi dal glam rock che li aveva contraddistinti, e già proiettati oltre del fenomeno Grunge, destinato a bruciare velocemente. E c’è un Corabi che spazza via tutto e tutti, mettendo la sua dannata firma su un album che ascoltato oggi suona come fosse stato inciso ieri e non 28 anni fa.

JOHN CORABI E GLI UNION

A parte il successo iniziale l’avventura coi Crue fu un fallimento totale: il disco non vendeva come sperato e le arene erano quasi sempre mezze vuote. C’è da dire che cercare di raggiungere i numeri di Dr.Feelgood era impresa quasi impossibile, quei numeri non furono mai più raggiunti, e che fu molto facile per Sixx e Lee, spinti dalla casa discografica, scaricare tutte le colpe sul povero John.

Parallelamente, un altro musicista di livello, ma mai troppo considerato, ricevette il benservito dalla sua band, che decise di fare una reunion tra vecchi compagni di merende. Fu così che nel 1997 Bruce Kulick, James Hunting, Brent Fitz e John Corabi si unirono a formare gli Union. Nel 1998 vede la luce il loro primo album omonimo, un buon lavoro che risente gli strascichi di un certo sound appena passato. Il buon Corabi anche qui è protagonista di una performance di livello.

L’anno seguente, precisamente il 25 Ottobre del 1999, vede la luce un live che è pura dinamite, “Live at the Galaxy”. La band dal vivo rende in maniera incredibile e nella scaletta trovano spazio anche pezzi dei The Scream e una Power to the music assolutamente devastante! Il 22 febbraio del 2000 vede le stampe il terzo e ultimo album in studio del gruppo, intitolato “The Blue Room”. Qui il sound della band si fa più pesante e la qualità dei pezzi sale ulteriormente: ci sono influenze acustiche, riff tendenti al blues e reminiscenze che a tratti hanno qualcosa dei primi White Zombie.

ALTRE COLLABORAZIONI DI JOHN CORABI

Il nuovo millennio vede Corabi impegnato in molti progetti, quasi fosse un turnista al microfono. Oltre a rafforzare la collaborazione con gli ESP di Eric Singer, John si esibisce come chitarrista ritmico nei Ratt, sodalizio che durò fino al 2008. Durante questi anni vedono la luce diverse pubblicazioni musicali. Nel 2002, a nome Twenty 4 Seven, esce il buon “Destination Everywhere”, un platter di schietto hard rock melodico dove John Corabi conferma la sua versatilità alla voce. Nel 2004 il nostro poliedrico artista trova spazio alla chitarra sul disco “Here come the Brides” dei Brides of Destruction, un conglomerato di rock, punk e ignoranza come non se ne sentivano da un pezzo.

Gli anni si susseguono e, dal 2012, il singer darà sfogo alla sua creatività mettendo in piedi una buona carriera solista, quasi tutta incentrata sulla scena live. A questo, come accennato in apertura, affianca tre performance pazzesche negli album dei The Dead Daisies “Revolucion”, “Make some noise” e “Burn it down”.

RIFLESSIONI DEL MIC

Nel panorama musicale, come nella vita, ci sono da sempre i gregari. Sono quelli che fanno vincere la squadra, che lavorano più in ombra. Sono l’esatto opposto delle primedonne, sempre alla ricerca della ribalta, delle luci, dell’apparenza e spesso meno dotati di altri che preferiscono mettere la musica in primo piano piuttosto che la loro figura. Ecco, John Corabi io lo considero, nel senso più positivo del termine, un gregario, uno che ha sempre messo le sue incredibili doti musicali al servizio di una band e non di se stesso. Personaggi come lui meritano, a prescindere, molto rispetto e il giusto riconoscimento per ogni cosa fatta.

Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento qui in radio, tra articoli e tanta buona musica. Ora qualche consiglio per voi direttamente da Jolly Roger Radio.

Blacktop Mojo

Scritto da: Mic DJ

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