Sigue Sigue Sputnik, alzi la mano chi ora è sulla cinquantina e li ha almeno sentiti nominare. Ecco, vedete, siamo in tanti, praticamente tutti. Perché questo manipolo di ragazzi fu, prima ancora di una band, un teatro del feticcio che visto con gli occhi del presente risulta dannatamente attuale. Una band che ha preso e reso a pixel un periodo storico, visivamente e sonoramente attualissimi ancora oggi. Andiamo a riscoprirli insieme, Press play on Tape!
SIGUE SIGUE SPUTNIK, FROM GREAT BRITAIN
I Sigue Sigue Sputnik sono un gruppo britannico formato nel 1982 da Tony James, ex bassista dei Generation X (esatto, la band di Billy Idol) e dal chitarrista Neal X, all’anagrafe Neal Whitmore. I due reclutarono quasi subito l’istrionico cantante Martin Degville. Degville, coinquilino di Boy George in quegli anni, era uno stilista e finì per griffare il guardaroba della band. Il negozio dove lavorava, chiamato “YaYa”, divenne la base del gruppo, al quale si aggiunsero alle tastiere Yana YaYa, una sex bomb quasi sosia della celebre Jane Mansfield, e la coppia di batteristi Ray Mayhew e Chris Kavanagh.
Mick Jones, ex membro dei Clash, lavorò con la band come tecnico del suono. Il suo apporto iniziale fu basilare: aiutò a costruire il loro stile. Fachna O’Kelly, manager dei Boomtown Rats che aveva fornito gran parte dell’attrezzatura alla band, diede loro il nome Sigue Sigue Sputnik, prendendo spunto da una banda di strada filippina. In una traduzione approssimativa, il nome significa “Vai, vai satellite”: “Sigue” viene dal Tagalog e significa “vai avanti”, mentre “Sputnik” è il primo satellite artificiale lanciato dall’Unione Sovietica nel 1957.
Il sound della band, secondo Tony James, è stato ottenuto per caso, quando ha inavvertitamente mescolato elementi di colonne sonore di film con la loro traccia demo “Love Missile F1-11”, cercando di mettere assieme una compilation video dai suoi film preferiti.
LE IDEE DAVANTI ALLA MUSICA
Degville però aveva una visione delle cose decisamente avanti nel tempo: pensò che prima di promuovere qualsiasi attività musicale si doveva creare e spingere un brand. Il primo passo fu la creazione di un logo ad hoc: una stella sormontata da tre S. Un colpo di genio, che mette insieme simboli di due regimi totalitari, ma smarcandosi dall’aspetto politico del tutto. In seguito sempre Degville creò il look “Sigue Sigue Sputnik”, prendendo l’ABC dello stile Cyberpunk e mescolandolo con la parte più ignorante della tradizione Punk.
Definito il lato estetico, il gruppo inglese continuò con le sue idee che sarebbero normali al giorno d’oggi, molto meno negli anni ottanta. I Sigue Sigue Sputnik decidono di vendere gli spazi tra una canzone e l’altra come spot pubblicitari. Questo senza avere ancora uno straccio di album in mano! L’idea risultò vincente: sul futuro album troveranno spazio dei veri messaggi promozionali di L’Oréal (come scordare il tormentone “Studio Line from L’Oreal, fixing gel strong hold”), della rivista di moda I-D e della boutique Pure Sex . E in più dei fake così belli da sembrare veri, come gli spot della Sputnik Corporation, nonché di un videogame che ovviamente non vedemmo mai.
SIGUE SIGUE SPUTNIK, IL PRODOTTO
Il loro primo concerto fu a Parigi, come supporto a Johnny Thunders, con l’ex collega di James nei Generation X Mark Laff, allora batterista di quella band. L’interesse per i SSS esplose letteralmente. Nel 1984 Tony James fu intervistato da NME, e diverse case discografiche inviarono rappresentanti alla loro successiva esibizione all’Electric Cinema di Londra. La band firmò un contratto con la EMI, con il gruppo che affermò di aver firmato per 4 milioni di sterline.
Tutto era pensato per stupire e far parlare, anche quella cifra, visto che in realtà il contratto era da 350.000 sterline. Alla fine un gruppo di pazzi con capelli sparati in testa, che avevano come sede un negozio di moda, e un “finto” contratto milionario con la EMI, fa partire una bomba d’interesse da parte degli addetti ai lavori. Dopo la mastodontica “The Great rock n roll swindle” dei Sex Pistols, ecco che i Sigue Sigue Sputnik ne riprendono il concetto, elevandolo all’ennesima potenza. Non droga e degrado ma una serie di immagini sparate alla velocità della luce, come uno strobo impazzito.
1986, SCOPPIA LA BOMBA
Tony James voleva che la band fosse prodotta da David Bowie ma non se ne fece niente: il materiale era “troppo violento”. Tra i candidati erano presenti anche John Carpenter e Giorgio Moroder , vista la loro attitudine nel lavorare su canzoni non convenzionali. Ecco che nel febbraio 1986 esce il primo singolo della band, intitolato “Love Missile F1-11”.
VIDEO
Prodotto da Moroder, raggiunse come un lampo la terza posizione nella UK Singles Chart, la seconda in Sud Africa e tra le prime cinque in diversi paesi in Europa e Asia. L’unico problema si ebbe negli USA, visto che i campioni utilizzati non avevano ricevuto l’autorizzazione al copyright. Per questo motivo furono sostituiti, uccidendo di fatto il disco in quel mercato.
La canzone suonava come una palla da flipper impazzita, con quel giro di basso Punk Rock dai suoni futuristici, sul quale l’esperto Moroder montò una cascata di campionature con un incalzare volutamente artificiale. Il video che accompagna il pezzo è da crisi epilettiche, un susseguirsi di immagini Cyberpunk, flash, esplosioni e ideogrammi tutti ad inseguire il ritmo del pezzo. La canzone fu anche inserita come main theme nella colonna sonora del film “Una pazza giornata di vacanza”, scritto e diretto da John Hughes nel 1986.
SIGUE SIGUE SPUTNIK, FLAUNT IT!
Il loro secondo singolo, “21st-Century Boy”, raggiunse la ventesima posizione nel Regno Unito, una mezza delusione per la band. James attribuì questo risultato alla sovraesposizione nei media, cosa che portò probabilmente le persone a prendere le distanze dalla loro proposta. Nonostante tutto il loro album di debutto “Flaunt It”, prodotto da Moroder, entrò nella top ten nel Regno Unito e raggiunse la posizione 96 negli Stati Uniti.
Come detto in precedenza, l’album includeva spot pubblicitari a pagamento tra le tracce: questi Jingles da 20 a 30 secondi avevano un prezzo compreso tra le 2.500 e le 7.000 sterline. Lo ha spiegato Tony James, dicendo che “Il lato commerciale è dilagante nella società. Forse siamo un po’ più onesti di alcuni gruppi che potrei menzionare. I nostri dischi suonavano comunque come pubblicità”. Ovviamente la stampa locale, in particolare il Daily Mirror, fece di tutto per porre in cattiva luce la band, ed in parte vi riuscì.
UN ALBUM POST ATOMICO
La critica cercò di massacrare il disco in questione, ma più ci si accanivano contro e più le persone correvano ad acquistarlo. L’ascolto era paragonabile all’immersione in una società Post nucleare, dove ci si addentra nella megalopoli tutta neon e fumi sulle strade bagnate dalla pioggia. Nel 1986 lo ascoltavi, ti guardavi allo specchio e non eri più tu. Un album fottutamente esagerato, che ti strappava da qui e ti portava in un mondo hi tech decadente, dove tutti sono vestiti di stracci ma hanno gli occhiali a realtà aumentata.
I pezzi sono un ottovolante, un proiettile che va a random ed entra nella testa dell’ascoltatore, così pieno e carico di effetti e di panning spinti all’estremo. I giri della morte sono interrotti solo dalla fantastica “Atari Baby”, esempio eclettico di come si possa scrivere una cyber ballad nel 1986 sembrando di essere nel 2100. “Transex, transform, transexy baby”, tema che oggi fa drizzare i peli ai media (e non solo) praticamente tutti i giorni.
LA CRITICA NON RIUSCI’ A VEDERE OLTRE
I critici consideravano “Flaunt It” pattume, e i SSS dei venditori di fumo, dei truffatori. Io ho sempre pensato che i vari critici abbiano, da sempre, il problema dei compartimenti stagni e dei paraocchi. Nel 1986 era sicuramente peggio, perchè i critici venivano da un’epoca che non permetteva a questo disco di essere capito. “Flaunt It” era in primis un prodotto, un qualcosa di così volutamente sintetico da non poter subire paragoni con lavori rock, punk o dark. Lo si doveva vedere sotto una chiave di lettura Elettronica – pop, un qualcosa di Synth, non wave ma wild.
“Flaunt it” arriva nei negozi con una copertina da urlo: un robot giapponese, tipo Gundam, che spara missili. Purtroppo l’edizione su cassetta non era così bella, limitandosi ad una foto della band. Era qualcosa di pazzesco, un bombardamento neurale continuo. Quel suono carico di campionamenti fino all’eccesso mi aveva aperto un mondo.
“Flaunt It” è una passeggiata nei mondi sommersi alla Blade Runner. Vangelis, musicalmente, dipinse un quadro ad olio, i Sigue Sigue Sputnik usarono la Pixel Art, buttandoci in una società impazzita, sintetica, dove la nostra psiche è costantemente bombardata da luci, colori, neon, videoclip in flash e videogiochi ad otto bit. Un mondo dove il confine uomo – donna viene quasi cancellato, con buona pace dei bigotti di oggi come quelli di allora: era il 1986, e noi ascoltavamo “She’s My Man”, senza capire che quella canzone oggi, nel 2023, ha un senso enorme.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
Personalmente fui letteralmente folgorato da quell’album. Nel mio umile viaggio nel pianeta musica esso rappresenta uno spartiacque assoluto. C’è un “Prima di Flaunt It” e un “Dopo Flaunt It”. Avevo 13 anni, il prima era l’ascoltare le canzoni alla radio, cercando con la manovella la stazione che in quel momento trasmetteva qualcosa di bello alle mie orecchie. Il dopo fu la morbosa ricerca di qualcosa che avevo capito esistesse, quel genere elettronico che ancor oggi, a braccetto col metal, è al top dei miei gusti musicali.
La band era chiamata ovunque ad apparire sul palco, rigorosamente playback e quasi sempre col lip sync sbagliato, ma a nessuno importava. Il 19 giugno 1986 parteciparono alla puntata inaugurale del Festivalbar in quel di Siena, con il loro primo singolo “Love Missile F1-11”, ed io ero incollato al TV. Quel buontempone di Red Ronnie raccontò che dopo lo spettacolo furono inseguiti dalla folla inferocita fino all’aeroporto e presi a bottigliate e lanci di monete. Nulla di tutto ciò era ovviamente vero. Volò qiualche monetina sul palco di Siena, ma Red Ronnie, da bigotto immerso nel suo mondo che non c’era più, fece come il Daily Mirror inglese.
Il secondo album “Dress for Excess” uscì nel 1988 e vendette bene in Brasile. La canzone “Success” raggiunse il numero 31 alla fine del 1988, con James che incolpò la produzione easy pop e il videoclip assai banale.
La band si sciolse nel luglio 1989, con James che si unì ai Sisters of Mercy. Chris Kavanagh andò nei Big Audio Dynamite II unendosi a Mick Jones, e Mayhew formò i Mayhem Deranged . Ma nel 1995 la cosa che non ti aspetti: la band si riforma dopo aver scoperto casualmente, frugando nella neonata Internet, un numero enorme di siti ad essa dedicati: la gente li avevano capiti.
Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento al prossimo viaggio siderale nelle pieghe della musica! Press Play on Tape!
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