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Canzoni italiane negli anni 60

today4 Settembre 2023 341

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Le canzoni italiane negli anni sessanta sono ben impresse nel tessuto sociale del popolo, una sorta di colonna sonora di un periodo economico scintillante. Ma questi successi sono stati spesso “rubati” a famosi autori anglosassoni, con buona pace di diritti d’autore non ancora esistenti.

CANZONI ITALIANE NEL BOOM ECONOMICO

E pensare che l’universalmente poco amata SIAE vede la sua costituzione nel 1882, ma il meccanismo di ladrocinio era molto diverso rispetto ad oggi. Soprattutto era praticamente inesistente il mercato di importazione, perciò i successi d’oltremanica o degli States erano quasi sconosciuti qui nel bel paese. Qui arrivavano solo una manciata di nomi, artisti oggi immortali e già all’epoca così famosi da fare capolino nel tubo catodico e nei juke box italici del periodo. Il resto era terra di nessuno.

Gli anni sessanta sono quelli del Boom economico tricolore, con una Lira premiata dal Financial Times come moneta più stabile. La crescita annua media era più alta delle più grandi economie mondiali, mentre a livello sociale tutti iniziavano a stare bene. Le città cambiarono, trasformandosi in metropoli, mentre il sistema delle comunicazioni e dei trasporti venne rivoluzionato. Il prodotto interno lordo italiano si attestò su un incremento del 6,3% annuo, mentre le esportazioni aumentarono mediamente di circa il 14% all’anno.

UNA COLONNA SONORA CHE ARRIVA DA FUORI

CANZONI ITALIANE

Capirete bene che un periodo così fulgido si portava appresso colonne sonore di tutto rispetto, se non fosse che la maggior parte di queste canzoni italiane erano letteralmente una copia di successi stranieri rivisti in salsa tricolore. Questa rivisitazione spesso era anche fuori luogo, perché i testi delle canzoni o non c’entravano nulla con le originali, o la loro traduzione rasentava il tragicomico.

Il mercato del tempo era impostato praticamente solo sui 45 giri, acquistabili nei negozi presenti sul territorio e ascoltabili con i vari “mangiadischi”, oppure caricati in bella mostra nei Juke Box che non mancavano in nessun locale. L’importazione era inesistente, salvo eccezioni come Elvis, Beatles e Rolling Stones, come cantava un giovane Morandi. Ma iniziamo proprio dal Gianni nazionale: uno dei suoi più grandi successi si intitola “Scende la Pioggia”, che altro non è che il brano “Elenore” dei Turtles. Si spinse ben oltre Adriano Celentano, uno dei più famosi imitatori di Elvis (perdonate la bestemmia), che prese una canzoncina intitolata “Stand by Me” di Ben E. King e ci fece la cover italica “Pregherò”, con un testo totalmente stravolto.

CANZONI ITALIANE, TESTI AGGHIACCIANTI

Il problema più grosso delle canzoni italiane era la traduzione dei testi, perché spesso si andavano a violentare canzoni di protesta, trasformandole in canzonette da quattro soldi. L’esempio più lampante ce lo offre Rita Pavone, con la canzone “Datemi un martello”. Un testo che è qualcosa di terrificante, che parla di una ragazza che prenderebbe a martellate “A quella smorfiosa con gli occhi dipinti che tutti quanti fan ballare”. Un insulto all’originale “If I Had A Hammer”, cantata da Pete Seeger su testo di Lee Hays. Una canzone di protesta che divenne la colonna sonora della storica “The Great March on Washington” del 1963.

CANZONI ITALIANE

Gli Equipe 84 furono tra i più spavaldi usurpatori di canzoni anglofone, capaci perfino di ricamarci sopra una buona carriera musicale. Il gruppo prende e fracassa mestamente grandi successi di band di spessore: Rolling Stones, Moody Blues, Beach Boys, Kinks, Mamas And Papas, Cher e perfino Elton John. Forse uno degli scempi di maggior successo fu “Tutta mia la città”, dove il combo Mogol – Repetti scrive di un non ben definito “ménage à trois” che per il protagonista del testo finisce male. Tutta un’altra pasta la versione originale “Blackbarry Way”, scritta da Roy Wood per i Move.

CANZONI ITALIANE: DA BANDIERA GIALLA AI DIK DIK

Una menzione particolare la volevo dare alla canzone “Bandiera gialla”, vero e proprio inno da balera anni sessanta. Ci ha pensato Gianni Pettenati, un finto dannato e ribelle, che istigava tutti alle danze cantando “Noi scendiamo in pista subito, e ballerai finché vedrai sventolar bandiera gialla”. Un vero obbrobrio linguistico che nulla c’entra con l’originale “The Pied Piper” scritta e cantata dal duo americano dei Changin’ Times. Un pezzo che parla di un pifferaio magico che resta avvolto nel mistero, senza manifestare se essere buono o cattivo, che è di un altro pianeta.

Altra band che ha attinto a piene mani dal mercato estero sono i Dik Dik, nome che ha una anglofona assonanza col il pappagallo maschile. E da bravi “cazzoni” presero la Hit del momento, quel capolavoro di “California Dreamin” schizzata al n° 4 di Billboard grazie ai Mamas And Papas, e senza nemmeno troppa vergogna fecero la loro “Sognando la California”. Il raffronto tra le due versioni resta inpietoso: la Dik Dik edition non è nemmeno paragonabile alla maestosità dell’originale, e anche qui Mogol arrangia un testo da voltastomaco (e meno male che è considerato tra i mostri sacri della scrittura musicale nostrana).

CANZONI ITALIANE

CANZONI ITALIANE, DATEGLI FUOCO

Mi hanno dovuto rianimare quando ho sentito la canzone “Dammi fuoco”, scritta, si fa per dire, da quel buontempone di Nicola di Bari, originario di Foggia. Il pezzo parte con un pseudo samba affine al Santana dei tempi, ma quando inizia il cantato arriva l’arresto cardiaco. Il buon Nicola prende “Light my fire” dei Doors e ne tira fuori un qualcosa di irriverente, con quel ritornello ignorante che cita “Dammi fuoco e brucerò”.

Forse ancora meglio fecero quella coppia di fenomeni rispondenti al nome di Gian Pieretti e Antoine, che nel Sanremo del 1967 se ne uscirono con quel tormentone di “Pietre”. La conoscete tutti, quel pezzo che recita “Tu sei buono ti tirano le pietre, sei cattivo ti tirano le pietre”. Bene, i fenomeni del festival non si accorsero che la canzone era una pallida copia di un pezzo nientepopodimeno di Bob Dylan, intitolata “Rainy Day Women #12 And 35”. Un pezzo impossibile da non riconoscere, visto che raggiunse la seconda posizione Billboard.

CANZONI ITALIANE, IL GRANDE CARROZZONE SENZA PAURA

CANZONI ITALIANE

La paura è la grande assente in tutto questo turbinio di plagi più o meno sfacciati. La paura di azioni legali, di ritorsioni burocratiche. E su questa onda spregiudicata ecco arrivare fieri I Nuovi Angeli con “Per vivere insieme”. La canzone è una copia delirante di quel capolavoro dei Turtles intitolato “Happy Together”, che negli States mandò in pensione “Penny Lane” dei Beatles da Billboard. Ma in questo caso I Nuovi Angeli non furono gli unici senza pudore: questo capolavoro fu ripreso anche da altri fenomeni locali, come I Ragazzi del Sole e una band chiamata Quelli, che di li a breve cambiò nome in Premiata Forneria Marconi.

La paura, quella che mancò anche a sua maestà David Bowie, quando nel 1970 si fece convincere a cantare una canzone intitolata “Ragazzo solo, ragazza sola”. Vero, in quegli anni le droghe sintetiche erano cose serie, e probabilmente il buon David non conosceva l’italiano. Altrimenti non si spiega il motivo del perché cantò quello che probabilmente resta il capolavoro del paroliere Mogol, che dopo questo scempio avrebbe meritato di essere internato nei piombi di Venezia.

La canzone in questione è la parodia (non mi vengono altre parole) di quel mostro sacro di “Space Oddity”, con un testo da gabbia dei matti. Non c’è più il viaggio spaziale del Major Tom, l’ansia per la perdita del controllo sparita, così come non c’è più il riferimento alla frase pronunziata da Jurij Gagarin durante il suo volo attorno alla terra. Al posto di tutto questo c’è una melense storia d’amore, trascinata da parole così banali da raggelare l’ascoltatore anche a ferragosto.

CANZONI ITALIANE ANNI SESSANTA

A Caterina Caselli piaceva vincere facile. Nel 1966 la simpatica cantante dal caschetto irriverente esce con il pezzo “Tutto nero”, che altro non è che “Paint it, Black” dei Rolling Stones. La profondità del testo originale, che descrive attraverso l’uso dei colori stati d’animo come dolore o depressione, viene ovviamente meno. La cover Italica è la solita struggente storia d’amore da bottiglia sul tavolo e ciucca triste.

La bionda Caterina, non paga, l’anno dopo fa il bis col pezzo intitolato “Sono bugiarda”, liberamente ispirata a “I’m A Believer” di Neil Diamond, suonata dai The Monkees, from Los Angeles, California. Il testo anche in questo caso è una libera interpretazione del combo Mogol – Pace, autori di una nenia amorosa da corda al collo.

Anche la Hippy nostrana, all’anagrafe Nicola Strambelli ma divenuta famosa col nome di Patty Pravo, scivolò sulla buccia della cover scippata al mercato estero. Il suo primo singolo si intitola “Ragazzo Triste”, che risulta essere “But You’re Mine”, cantata da Sonny & Cher. Questa volta a deturpare il testo ci ha pensato Gianni Boncompagni. Da spezzare mezza lancia in favore della bionda, che come B side di questo singolo scelse di cantare il pezzo “The Pied Piper” in lingua originale. Si, proprio quella di cui si parlava poche righe più sopra.

CANZONI ITALIANE

RIFLESSIONI DI MIC DJ

Vi chiederete come mi sia uscito un articolo simile. La risposta è molto semplice e si chiama “Techetechete‘”, lo show che va in onda da anni tutte le estati sulla RAI. Chi lo ha visto almeno una volta sa di cosa sto parlando: un carosello di canzoni, spezzoni, immagini di repertorio e filmati d’epoca. Nel fiume di cellulosa la parte del leone la fanno sicuramente le canzoni. Ascoltandole, oltre ad appurare che l’età avanza, mi sono reso conto che molti pezzi per cui il pubblico andava in visibilio erano delle copie, sempre al ribasso, di successi stranieri.

Sono andate in onda oltre mille puntate fino ad oggi, e molte volte mi son tornati in mente i miei genitori che ascoltavano deliranti quei pezzi. Mi ricordo le reazioni di parenti e genitori di amici, i loro commenti, come quei pezzi venivano amalgamati dal tessuto sociale. La cosa che notai sempre è che molti non avevano la minima idea che tal pezzo fosse in realtà una specie di “plagio”. Ma alla fine a nessuno interessava realmente la cosa.

Gran parte di quelle canzoni entrarono nel costume e nella memoria degli italiani con le versioni “nazionali”. Quei pezzi sono stati la colonna sonora di un periodo talmente splendente per il nostro paese da essere ormai legate a doppio filo con esso. Le case discografiche italiane hanno sfruttato al meglio la situazione: i buchi normativi erano delle voragini e a nessuno interessava interrompere il gioco.

Ora vi saluto, che sta per iniziare una nuova puntata della trasmissione! Mic DJ vi da appuntamento qui, su Jolly Roger Radio, per altri articoli! Ora qualche consiglio per voi dal nostro blog.

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Scritto da: Mic DJ

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