Gli Italiani Lunarsea sono sicuramente una band di nicchia, destinata a palati fini ed orecchie esigenti. Non seguono le mode ne si pongono limiti nel loro genere musicale. Andiamo a conoscerli insieme ed in seguito a fare due chiacchiere sul loro ultimo album datato 2019.
LUNARSEA, UN PO DI STORIA
La band nasce nel 2003, anno in cui pubblica il primo demo “Evolution Plan.TXT”. Lo stile rimanda decisamente ai Dark Tranquillity periodo “The Gallery”, tecnicamente impressionante per una demo di una band esordiente. Pochi mesi ed ecco arrivare, nel 2004, “Bio Ashes Halo”, che li porta all’attenzione della greca Burning star record.
Così nel 2006 vede la luce il primo full lenght intitolato ”Hydrodinamic Wave”. Le coordinate musicali si variegano di passaggi sinfonici ed aperture melodiche, restando nei sentieri del Death Melodico di qualita’. Leggo sul loro sito un fatto curioso, ovvero che ”il primo contratto e il conseguente album d’esordio arrivarono senza mai suonato dal vivo sul palco”.
Resta il fatto che il platter fu un best seller assoluto, i live arrivarono e nel 2009 vide le stampe anche il secondo studio album ”Route Code Selector” per la nostrana Punishment 18. Gli anni passarono, il livello della band era in crescita costante e nel 2013 ecco arrivare anche ”Hundred Light Years”, disco che annichilisce, dove anche le più blasonate band estere vengono spazzate via.
Ed eccoci arrivare a questo ”Earthling / Terrestre”, datomi in pasto dagli amici della Metal Underground Music Machine, che saluto ed abbraccio. Percio’ bando alle ciance, diamoci dentro col il nostro proverbiale Press Play on Tape!
LUNARSEA – EARTHLING-TERRESTRE
Mi aspettavo un’ulteriore evoluzione di questa strabiliante band, e non mi sono sbagliato. ”Light-Hearted In An Ergonomic Resin” apre struggente, malinconica, con un incipit epico e maestoso, che dopo un minuto e mezzo circa esplode come una supernova ad illuminare il cielo e a spazzare via l’ascoltatore. Riffing furibondo, melodie a cascata, tecnica pazzesca a supportare un capolavoro di oltre sei minuti.
”The Earthling” inizia da brividi, con delle melodie che sembrano strappate ai Paradise Lost di ”Icon”, per poi virare su un susseguirsi di ritmi e cambi di tempo fino alle epocali aperture melodiche con clean vocals. Non c’è tempo per girarsi indietro, ”In Expectance” ci proietta in avanti con il suo riffing di stampo svedese col quale si mescola in maniera magistrale prog metal sopraffino: provare a contare i cambi di tempo è impresa impossibile.
Musica sinfonica e lirica aprono ”Helical Stalemate”, fintanto che irrompe un giro di chitarre che trasuda epicità’ e che ci porta per mano dentro un mondo cangiante, dove gli stop n go fanno male come pungi nello stomaco, il growling è selvaggio e l’unica salvezza resta quel refrain clean con tastiere fuori dal mondo.
VIDEO
LUNARSEA, UN MOSTRO CANGIANTE
Questo album pare uno di quei mostri di Lovecraftiana memoria, sempre cangiante, sempre pronto a lasciarti di ghiaccio. ”Aqueducts” non è di questo mondo, così strana, morbosamente avvinghiata a qualcosa di superiore, come un grande antico. ”Humanoid,Mannequinn,Androgyne” credo sia il mio pezzo preferito, con questa partenza pulitissima e quel volo senza fine nel nero più assoluto. Un colore del quale sono permeate tutte le note, anche quelle in parvenza più delicate.
E poi ti arriva ”Polar Covalent Bond”, con quella malinconia che gonfia gli occhi, dipingendoci innanzi spazi e tempi in cui i ricordi possono rivivere. Non si finisce di stupirsi, perché la seguente ”The Fourth Magnetar” ci prende e ci riporta a suo modo in un’altra realtà tramite un vortice di note mai fuori posto.
La penultima ”Mi Suthina” apre con un arpeggio di classica, al quale, dopo un bel riff elettrico, si contrappone il pianoforte. Le clean vocals si alternano e si mescolano col growl più greve, dando alla canzone un corollario di sfumature da pelle d’oca. ”π (Outro)” chiude con stile un album folle, da uscire di testa.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
Ho conosciuto solo ora questa band, e ho voluto scriverci un breve articolo forse fuori tempo massimo, ma quando qualcosa ha il potere di emozionare a questi livelli allora tutto passa in secondo piano. Le chitarre sono variegate, alternano riff killer con melodie leggere e sognanti. Gli assoli sono tecnici, impressionanti, ma soprattutto molto ben inseriti nelle canzoni, senza sembrare forzati.
La batteria la fa quasi da padrona in certi punti, attraverso una costante alternanza tra velocità e potenza pura, passando da doppia cassa iper veloce a ritmi corposi e groovy. Ma non è tutto: c’è sempre l’imprevedibilità dietro l’angolo, con passaggi decisamente progressive. Le tastiere fanno miracoli, rendendo il paesaggio sonoro Death Metal più etereo. E le voci, amici ascoltatori, ti lasciano senza fiato, perfettamente bilanciate tra pulizia, growl e scream, alternandosi sempre nella migliore maniera.
Un album veramente incredibile, che probabilmente a molti puo’ essere passato inosservato. Bene, l’unico consiglio che vi do e di andare ad ascoltare lasciando da parte mode e pregiudizi: questa è Musica, questo è Metal.
Roberto geo il 20 Febbraio 2024
Grazie! Sempre alla scoperta di perle che nn avrei altrimenti potuto raggiungere e sempre descritte in maniera eccelsa
Mic DJ il 20 Febbraio 2024
Grazie mille per le belle parole. Sono la spinta a fare sempre meglio