I Mothra furono una band di Caserta attiva negli anni ottanta. Il loro materiale ha rischiato seriamente di finire perduto. Ma grazie ad Italian Metal Heroes è stata preservata una vera reliquia. Perchè la ho definita così? Perchè all’interno di questo supporto ottico troveremo i 4 pezzi Demo incisi dalla band nel 1986. Come chicca troviamo anche due pezzi Demo risalenti addirittura al 1984, quando la band si chiamava METAL DUST.
Roba veramente anziana, visto che la band si forma ad inizio anni ottanta. Agli albori suonavano un po di tutto: dal blues al jazz, cosa che li porta a sviluppare uno stile particolare. Questo si iniza a sentire nei due pezzi datati 1984.
MOTHRA – BETTER TO REIGN IN HELL THAN SERVE IN HEAVEN
Per meglio comprendere la proposta musicale della band campana questa piccola recensione la voglio iniziare al contrario. Il primo pezzo che si deve ascoltare è la maligna “Black Sea”, e non nego che si resta spiazzati e non poco. Inizio subito col dire che la resa audio, purtroppo, è veramente pessima. I suoni distorti sono tipo il rumore della corrente che fulmina un impianto elettrico. Oltretutto la batteria è lontanissima e i piatti a volte arrivano da chissà dove. La voce esce, quella si. Ma è la struttura della canzone a lasciare di stucco.
Messe da parte le velleità qualitative, se ci si mette ad ascoltare la proposta musicale si evince che la band non da punti di riferimento all’ascoltatore. Parte una voce satanica, sisitra e terrificante, e ci si aspetterebbe un putridume sonore death metal. Ma no, un urlo lancinante squarcia la l’etere, ed un incidere sulfureo, che definirei un doom sabbathiano, si articola tra accellerazioni e rallentamenti. Urla di terrore e voci sisistre ci lanciano alla seguente “Metal Power”. Il pezzo è decisamente più convenzionale e annoverabile come una fucilata speed metal in puro stile Exciter.
I dettagli sono difficilmente carpibili vista la scarsa qualità audio, ma la perizia e la tecnica si riescono a recepire decisamente bene: tempi veloci, che di colpo rallentano in cadenzati, il basso viaggia e la voce è veramente tosta, mentre gli assoli sono di prim’ordine, così come la precisione del drumming. Non mi è solo chiaro perchè il solo finale suoni più come un Kazoo che come una chitarra elettrica: magie delle vecchie registrazioni in mono su nastro.

MOTHRA E LA SECONDA DEMO
Con questi due pezzi come premessa possiamo ora approcciare l’evoluzione della band. Questa si manifesta in primis con il cambio del nome. Il MOTHRA ha origini nipponiche: è un è un kaijū, un mostro, il cui debutto avvenne nel 1961 nel film omonimo. Molti di noi se lo ricorderanno sicuramente perchè appare spesso come personaggio nella serie Godzilla. Un arpeggio sognante di accoglie in “Till Death”, opening track di questo demo.
Purtroppo si deve rimarcare che la qualità audio, seppur migliore delle canzoni più datate, è sempre al limite. I volumi sono sbilanciati, la voce resta indietro, ed è un gran peccato. Un peccato in generale perchè si capisce che la struttura del pezzo è davvero spettacolare, nonchè spiazzante. In questa traccia si sentono un turbine di influenze, che passano dai primissimi Maiden fino al thrash che nel 1986 esplodeva in maniera totale e globale. Dopo un inizio melodico la canzone di scatena in un “tupa tupa” senza limiti, dove la voce strilla lacerata e le chitarre volano.
VIDEO
“Venus” resta in linea col pezzo precedente, con ritmi incalzanti e un buon gusto melodico non indifferente. Peccato solo che la registrazione non renda giustizia al tutto. Lo stacco a metà canzone è puro genio e psichedelia metallica. Il cambio repentino con un riff piuttosto teutonico nel suo stile è un colpo da 90. Una folle risata apre “Nothin’ To Say Nothin’ To Do”, dove il ritmo up tempo bello spedito è anche qui il trademark.
SPERIMENTAZIONE ALLO STATO PURO
Vocalmente si raggiungono vette davvero notevoli sia come note prese che come espressività. I cambi di tempo di susseguono senza sosta, rendendo la canzone davvero interessante e di non facile ascolto. Probabile che con questo pezzo ci si trovi innanzi ad uno dei primi esempi di “Techno Thrash” in salsa tricolore. Era tutto nuovo, solo i Voivod stavano facendo sentire al mondo cose simili.
Conclude questo set di quattro pezzi “The Misery of Mankind”, misteriosa e tenebrosa fino all’urlo che apre le porte della potenza e velocità. Anche qui la batteria è varia e veloce, il riffing serratisimo e intricato e la voce lacerante. Le stranezze, se mi permettete il temine, non mancano. Infatti da metà in poi la canzone cambia e varia, con un rincorrersi di assoli a volte strani e stacchi particolari. Forse dei quattro pezzi questo è quello che soffre un po di più di un certo caos esecutivo.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
In definitiva abbiamo tra le mani un pezzo di storia vera, col fruscio del nastro. Una registrazione che può fare felice i fans del “Lo Fi” sdoganato con alcuni seminali lavori del Black Metal d’annata. Scrivo d’annata perchè fare oggi incisioni volutamente di bassa qualità con i mezzi a disposizione lo trovo anacronistico. Le canzoni dei MOTHRA hanno una struttura che meriterebbe una ri-registrazione con le dovute maniere, e chissà che un giorno non possano arrivare. Del resto un lavoro che cita nel suo titolo uno dei pezzi cardine del “Paradise Lost” di John Milton lo merita a prescindere.
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