Pentesilea Road, chi sono costoro? Mr.Fulvio scopre una band “da novanta”, e così ci scrive un ricco articolo. Lo fa con la solita classe e professionalità, condite con quella dose di humor che non guasta mai. Andiamio a leggerlo insieme: Press play on Tape!
PRATICAMENTE SCONOSCIUTI
No, tranquilli, non voglio usurpare a MIC DJ il ruolo di mastermind della scoperta e tutela delle Italian bands. Però è un dato di fatto che lui bazzichi poco il terreno del Prog e quindi, a fronte della personale scoperta di materiale degno di nota, mi permetto di integrare.
Voglio portare alla vostra attenzione il nome di una band che ho scoperto in occasione dell’uscita del loro secondo album. Il titolo è “Sonnets from the Drowsiness”, disponibile dal 25 maggio di quest’anno.
Loro si chiamano Pentesilea Road, sono attivi dal 2014 come progetto solista e dal 2020 come vera e propria band. Ammetto che erano per me dei perfetti sconosciuti ma la qualità della loro proposta mi ha convinto che valeva la pena colmare questa lacuna. Ha certamente contribuito a farmi sollevare il sopracciglio la collaborazione con gente del calibro. Qui trovate musicisti come Ray Alder e Mark Zonder (Fates Warning) sul primo album. Sul secondo vediamo Zak Stevens (Savatage) presente come special guest sulla bonus track del secondo lavoro.
Last but not least, visto che anche l’occhio vuole la sua parte, gli artwork sono veramente curati ed appaganti. Questo è un aspetto non banale in un mondo ormai dominato da copertine low cost, eseguite usando in modo dozzinale la computer grafica con conseguenti risultati discutibili e stereotipati. Stuzzicata, spero, la curiosità, andiamo ora a scoprire qualcosa di più.
PENTESILEA ROAD, CHI SONO?
Pentesilea Road è il progetto solista del chitarrista/bassista Vito Mainolfi. Prende forma nel 2014 e dal 2020 assume lo status di band. La line up comprendente Lorenzo Nocerino alle vocals, Ezio Di Ieso alle tastiere ed Alfonso Mocerino alla batteria. Importante anche la figura di Michele Guaitoli, vocalist degli austriaci Vision Of Atlantis. Lo vediamo presente come ospite sul disco d’esordio e poi titolare delle lead vocals sul secondo lavoro.
Il curioso nome della band è un riferimento a Pentesilea, la città diluita descritta nel libro “Le Città Invisibili” di Italo Calvino. E’ una città immaginaria con confini indefiniti, “ha centro in ogni luogo ed è periferia di se stessa”. Oggi forse non è sbagliato dire che da immaginaria è diventata reale e di attualità.
A volte frettolosamente etichettati come “progressive metal” in realtà i Pentesilea Road sono molto di più. Il loro genere è un heavy prog con radici più tradizionali, dove il prog metal è presente in modo più marcato sul primo lavoro. Già nel secondo album diventa un ingrediente più discreto a supporto di sonorità grintose ma anche raffinate ed eleganti. Le composizioni sono lunghe ed articolate, veri e propri viaggi emozionali.
Logicamente richiedono ripetuti ascolti per metabolizzarne i concetti e le sfumature. Hanno all’attivo due full lenghts: l’omonimo esordio del 2021 ed il fresco di stampa “Sonnets from the Drowsiness” (maggio 2025).
Entrambi i lavori meritano sicuramente un’analisi a loro dedicata.
VIDEO
Pentesilea Road – (2021)
La caratteristica principale che ha attirato la mia attenzione, comune ad entrambi i lavori, è stata l’accuratezza della proposta, immediatamente percepibile già dall’artwork e poi confermata con l’ascolto. Questo omonimo primo album stupisce perchè ha maturità compositiva. A questa aggiungiamo cura della produzione e di ogni dettaglio (concept, testi, artwork). Sicuramente sono tutti aspetti non scontati in un esordio autoprodotto.
Musicalmente ci troviamo di fronte ad un riuscito mix di tecnicismi prog/metal e melodia. Alcune partiture jazz fanno saltuariamente capolino. La varietà tecnica, unita a quella emotiva di brani ora più immediati ed ora più riflessivi, permette di affrontare l’impegnativa durata (oltre i 70 minuti) senza il rischio di annoiarsi. Insomma, un esordio ambizioso ed articolato ma composto in modo intelligente.
Dicevamo della presenza degli ospiti illustri Mark Zonder e Ray Alder.
OSPITI DI LIVELLO
Tre sono i pezzi in cui Mark Zonder mette a disposizione la sua perizia alle pelli. Sono l’iniziale “Memory Corners” , poi “Spectral Regrowth” e “Give Them Space”. Tutti brani strumentali e tecnici dove le chiare influenze Dream Theater e (ovviamente) Fates Warning interagiscono con ingredienti diversi quali ispirazioni jazz, tocchi di hammond e chitarre più “soft”.
Il tutto va a vantaggio delle atmosfere variegate ed interessanti che si vengono a creare. Le lead vocals di Ray Alder le troviamo in “Noble Art” e nella conclusiva “Shades of the Night”. Le sue doti espressive non hanno certo bisogno di presentazioni. E’ immediatamente tangibile il valore aggiunto dato a due tra i brani più intimi e profondi dell’album.
Non sfigura di certo neanche Michele Guaitoli, guest vocalist sul brano “Stains” che ricorda certe cose dei Queensryche. “Shades of the Night”, presente in due versioni cantate da Lorenzo Nocerino e Ray Alder, unitamente a tre dei brani finora non citati, “Genius Loci”, la title track, e “A Tale of Dissonance” svolgono il compito di dare la personale interpretazione dei Pentesilea Road al termine melodia, senza però nulla perdere in termini di coerenza con il resto dell’album.
Il concept dei testi, come la copertina, si ispira ad un ipotetico viaggio lungo le strade delle “Città Invisibili” di Italo Calvino. Un viaggio ipotetico che però tocca aspetti concreti della “civiltà” moderna. Emblematico il verso “The media mouth has all the answers for those who have no questions” tratto da “A Tale of Dissonance”. Nota per gli inguaribili nostalgici del supporto fisico (come il sottoscritto): la prima stampa del CD è di soli 95 esemplari autoprodotti e numerati, seguiti poi dalla seconda tiratura.

Sonnets from the Drowsiness – (2025)
Iniziamo con il dire che “Sonnets from the Drowsiness” alza ulteriormente l’asticella dell’ambizione rispetto al già audace debutto. Ci troviamo infatti di fronte ad un doppio di 18 pezzi dalla durata “monstre” di 1h e 43 minuti. Il formato fisico include inoltre un 19esimo brano. E’ una bonus track con Zak Stevens (Savatage) come ospite di riguardo.
Il fil rouge che guida le tematiche dei testi è, nuovamente, tutt’altro che banale. Esso esplora la sindrome del sogno lucido. E’ la condizione in cui si è consapevoli di sognare e si riesce ad esercitare un certo controllo sulle situazioni oniriche del sogno in corso. Ci sono novità in formazione: Giovanni Montesano è il nuovo innesto al basso mentre Michele Guaitoli, già ospite sul disco d’esordio, prende le redini delle lead vocals.
L’ottima prova vocale fornisce anche maggior uniformità rispetto a “Pentesilea Road” dove si alternavano tre cantanti diversi. Le coordinate tipicamente prog metal siano qui più stemperate rispetto all’esordio. Qui si lascia spazio ad atmosfere più aperte e sognanti, secondo il tema trainante di questo secondo album. Certamente la grinta continua a non mancare: ad esempio, i due pezzi in apertura “Ode to the Reflection Mind” e “Inside Out” sono un ponte tra il primo album e il terzo brano “Pulse”, primo singolo ed emblema delle sonorità più ricercate ed eleganti di questo “Sonnets”.
LO SPIRITO DEI FATES WARNING ALEGGIA
Gli special guests Ray Alder e Mark Zonder non sono più presenti ma lo spirito malinconico dei Fates Warning aleggia comunque. Ne sono un esempio “Aria”, “Worlds Apart”e “Remember, Now”, impreziosite anche dallo stupendo lavoro della chitarra di Vito Mainolfi. Le regole di fruibilità della scrittura impongono di essere sintetici. E’ comunque difficile e penalizzante citare solo alcuni brani a scapito di altri, perchè ognuno è un tassello fondamentale della catena narrativa e compositiva di quest’ opera.
Segnalo ancora “Undeground” e “The Geometry of Nothing” senza altro aggiungere. Ascoltatele: è la cosa migliore. “Sonnets” è un lavoro vario e fortemente emozionale e, credetemi, stupisce per la scorrevolezza con la quale abbatte il potenziale limite della sua impegnativa durata. Bisognerebbe assaporarlo per intero, senza interruzioni, anche se due ore sono la “taglia” di tempo che ormai siamo costretti a dedicare ad attività più impellenti.
CONCLUSIONI DI MR.FULVIO
Cosa aggiungere per concludere… Siamo di fronte all’ennesimo caso di bravura e merito inversamente proporzionali alla visibilità e al riscontro mediatico. Se siete appassionati di qualsiasi sotto genere dell’universo Prog in questi due album troverete sicuramente più di qualcosa che fa al caso vostro. Ribadisco solo che è fondamentale non fermarsi al primo ascolto. In questo caso non è la classica frase di circostanza: qui oltre che di musica parliamo anche di emozioni, mutevoli agli stati d’animo ed al contesto in cui le viviamo.
Songwriting, produzione, artwork e accessori a corredo sono tutti di elevato livello. Il consiglio è di non esitare oltre e di partire per il viaggio nelle “Città Invisibili”, sono certo che non ve ne pentirete.
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