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Personaggi

PINO SCOTTO, L’INTERVISTA!

today16 Giugno 2025 55 48 5

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Pino Scotto, iconico personaggio della scena Rock tricolore, è qui con noi! Grazie alle Queens, che mi hanno messo in contatto col suo management, sono riuscito ad intervistarlo. Pino lo si ama o lo si odia, come tutti quelli che non la mandano a dire. Ma spesso viene giudicato troppo sommariamente, senza sapere chi c’è dietro la scorza del Bluesman d’annata. Andiamo a scoprirlo insieme! Press Play on Tape

PINO SCOTTO, CINQUANT’ANNI FA

MDJ – Ciao Pino. Iniziai ad ascoltare Metal nel 1985, e scoprii la scena tricolore grazie al vinile “Metallo Italia”, uscito in quell’anno. Fu amore a prima nota. La “fame” di musica italiana mi portò da li a scoprire i Vanadium, dei quali il mio vicino di casa più grande mi copiò la cassetta “Metal Rock” del 1982. Un lavoro sporco, polveroso, diretto. La canzone “Heavy Metal” divenne un inno per me. Cosa mi puoi raccontare della nascita di quella mitica band? Come si viveva la scena rock e metal italiana in quel periodo pionieristico?

PS – Ciao Mic, mi fai tornare indietro di 50 anni, ai tempi della guerra mondiale! Agli inizi suonavo nei Pulstar, una band che veniva fuori dalla cantina. Facevo Southern Rock, stile Lynyrd e Allman Brothers. Coi Vanadium volevamo spingere decisamente di più. Dopo il primo 45 giri ci scoppiò in mano questa bomba: ci ritrovammo in classifica a vendere.

I CONCERTI

PS – E poi i concerti: ricordo Genova 6 mila persone, il Rolling Stone a Milano Sold Out! Pian piano iniziarono a nascere delle band che meritavano, e noi Vanadium avemmo la fortuna di firmare per una Major. C’era un gran fermento e in quel momento ho pensato che anche l’Italia si potesse amalgamare al resto del mondo. Ma niente, non è cambiato un cazzo. Resteremo il paese più ignorante d’Europa. Hanno creato queste nuove generazioni senza palle, senza coglioni.

IL BLUES E “BORN TO FIGHT”

MDJ – Il tuo amore per il Blues non è un segreto. Da dove è nata questa passione?

PS – Il blues è alla radice di tutto. Guarda caso dopo anni e 22 o 23 album, con “The Devil’s Call” sono tornato al Blues. E’ l’unica chance che abbiamo per salvare il Rock n Roll. Lo ho scoperto a 16 anni, quando ho scoperto Elvis ascoltando “Jailhouse Rock”. Quel brano mi ha cambiato la vita. Da li mi sono informato da dove arrivava il Rock n Roll di quegli anni.

Arrivava dal blues, quello del passato, che arrivava dai campi di cotone come musica di protesta. Ho scoperto i grandi bluesman del passato: Muddy Waters, Sonny Boy Williamson, Lightnin’ Hopkins, BB King, Rey Charles. Da li è cominciato il sogno: se a uno non piace il blues vuol dire che ha un buco nell’anima.

MDJ – Dopo 3 ottimi album, ecco arrivare “Born to fight” del 1986, una pietra miliare del Rock Metal tricolore. All’interno anche una piccola perla, quella “Never Before” dei Deep Purple. Hai qualche ricordo particolare di quel periodo? Come girava la scena italiana?

PS – Dopo il successo di “Game Over”, 52 mila copie solo in Italia, ecco “Born to Fight”. Qui c’è stata una ricerca, una spinta ulteriore rispetto ai primi tre album. Stavano nascendo moltissime band, che avrebbero meritato molto di più. Volevamo cambiare tutto, buttare nel cesso la musica del passato. Ci siamo accorti oggi che quella musica, anche se era Pop, era grande musica, fatta da grandi autori e cantata da grandi voci. E oggi ci danno la trap, e la gente se la mangia come merda al posto del cioccolato.

VIDEO

PINO SCOTTO, NEL CUORE DEL CAOS…

MDJ – Nel frattempo qui a Torino la scena metal era esplosa, tirata da gruppi come gli Headcrasher di Roby Vitari e i Negazione di Zazzo e Tax. Proprio loro aprirono le porte del metal cantanto in Italiano. Ed ecco che nel 1995 i Vanadium fanno uscire “Nel cuore del Caos”, lavoro che ho adorato. “Stivali con le ali” divenne una specie di inno per me e i miei amici motociclisti. Puoi dirci qualcosa sulla genesi di questo disco?

PS – Ricordo che a Torino, come in tutte le città italiane, c’era un gran fermento di band. Tu mi stai parlando de “Nel cuore del Caos”, album che ho sempre rinnegato. Io in quel periodo avrei dovuto fare un altro album solista, poi lasciamo perdere. Per l’affetto di una persona della band abbiamo rimesso su i Vanadium e fatto questo disco. Produzione molle, sbagliata. Suoni non ne parliamo. E’ un album che non è che mi fa schifo, per carità, ma io volevo spingere di più. Invece è venuto fuori un disco fiacco, moscio e non adatto a quei tempi.

… E IL GRIDO DISPERATO!

MDJ – Torniamo un attimno indietro al tuo primo grandissimo lavoro solista “Il grido disperato di mille bands”. Puoi raccontarci la nascita di questo disco così ricco di nomi di livello, del calibro di Braido e Schiavone?

PS – Prima de “Nel cuore del Caos” era uscito questo album, dove ho messo dentro tutto quello che mi sentivo in quel momento. Sono tornato al rock n roll, al Blues. “Dio del Blues” è diventato un classico. In quell’album c’è molta liberta. Ero stressato a livello psicologico, ci fu il fallimento della Durium, legata ai Vanadium, che ci ha bloccato per due anni. C’era la mia voglia di non stare fermo e invece non potevo fare nulla perchè bloccati dal contratto.

Appena libero feci uscire “Il grido disperato di mille bands” e li dentro ci sono un sacco di amici, come Andrea, come Gigi. Cosa che ho continuato a fare sempre nei miei album come Pino Scotto: contaminazioni, sempre legate al metal e al rock. E in più collaborazioni con musicisti, che puoi scegliere tu con chi farle. Seguì un tour lunghissimo, con una band di amici. Con questo disco ho ritrovato la gioia di andare in giro a suonare divertendomi.

Pino

IL MONSTER OF ROCK

MDJ – Ero tra le prime file del Monster of Rock del 1992, dove apristi tu le danze. Ricordo una prestazione di livello, anche se qualcuno vi lanciò oggetti, mi pare che il drummer fu colpito alla testa. Da quegli anni dove la scena rock italiana era considerata di serie B ad oggi qualcosa è cambiato?

PS – Reggio Emilia, 1992. L’emozione più grande? Arrivai li alle 10 di mattino ed avevo il camerino tra quello dei Pantera e dei Black Sabbath. Ronnie James Dio, dopo la mia esibizione, venne a chiedermi l’autografo con la mia foto in mano, una cartolina di “Tutto Musica”. Una grande emozione, e un mare di gente. Poi naturalmente il quel mare di gente c’è anche qualche coglione. Sto coglione aveva tirato un sasso che aveva preso Enzo, il mio batterista. Nonostante gli sanguinasse la fronte continuò a suonare… grande Enzo!

Che poi sto stronzo andai a suonare in Veneto dopo circa tre mesi, e c’erano tutti e tre sti coglioni. Erano li per chiedermi scusa, dicendo che loro erano li in attesa dei Pantera. Ma brutto coglione, aspetta che finisco e poi ti senti i Pantera! Che poi aspettavo anche io di sentirli. Siamo sempre un paese di merda, i più ignoranti in Europa.

PINO SCOTTO NEL NUOVO MILLENNIO

MDJ – Il nuovo millennio si apre nel segno dei Fire Trails, band da mille e una notte. Il 30 marzo del 2006 festeggiai il compleanno alla Sacra Birra saloon di Sant’Ambrogio, approfittando che eri li per il tour di “Third Moon”. Come haio vissuto l’esperienza Fire Trails?

PS – I Fire Trails nascono per l’esigenza di fare qualcosa con Steve Angarthal, grande chitarrista che ha partecipato anche nell’ultimo album. Un grande amico, gran persona e gran musicista. All’epoca mi chiesero di partecipare al Gods of Metal, rimettendo in piedi i Vanadium. Io con Steve invece pensavo a sta nuova band e facemmo uscire un tributo Vanadium con due inediti, per suonare in giro e fare quel festival.

Abbiamo poi lavorato 2 mesi sull’album “Third Moon”. Lo ho chiamato così perchè in quel periodo continuavo a sognare tre lune, da cui vedevo uscire un bambino. Divenne così un concept album. Questo lavoro racchiude tutta la grandezza dell’Hard Rock che io e Steve abbiamo assimilato. C’è anche del prog, del metal, è un disco davvero pazzesco. Abbiamo fatto un tour incredibile, ci siamo divertiti un casino. Poi giustamente, con Pino Scotto che deve cambiare sempre e rompere i coglioni, sono tornato ai miei progetti solisti.

IMPEGNO SOCIALE

MDJ – Sei sempre stato impegnato per bambini. Ricordo che già nel 92 al Monster presentasti un’acustica scritta contro gli abusi ai bambini del centro America. Decenni dopo ecco i progetti Rainbow, come ad esempio il Rainbow Belize. Come sono andati, o come stanno andando, questi progetti che ti fanno molto onore?

PS – Boh, sono cose che sinceramente parlarne sembra che ti vuoi vantare a fare queste cose, ma non è così. Gia dagli anni settanta feci tanti progetti e concerti per beneficenza. Partecipai ad un progetto per i pozzi in Africa. Poi un giorno conobbi questa dottoressa, Caterina Vetro, e con lei abbiamo fatto Rainbow Project.

Abbiamo fatto un piccolo ospedale per i bambini delle discariche nel Coban e una scuola di musica in Belize. Ancora oggi aiutiamo padre Sergio, in Guatemala, all’Esquelita, dove mantiene 350 bambini. I bambini vanno protetti, ti danno l’anima. Sono un po di anni che vado qui vicino a Segrate, c’è questa Onlus che si chiama “Le Vele”. Accolgono bambini disagiati, vado a fare musica con loro. Quando sono in mezzo ai bambini riscopro la purezza del mondo.

Questo mondo ormai corrotto dove si pensa solo ai soldi, al potere, al successo. Donne che si fanno rifare il culo, ma anche gli uomini. E’ divetnato tutto di plastica, tutto finto. Non c’è più anima, non ci sono più eroi. Stanno tirando su generazioni chiuse in gabbia, a cui hanno fatto credere che la libertà, la cultura, la bella musica, siano il male. Sono riusciti a vendere la merda per cioccolato.

VIDEO

PINO SCOTTO E ROCK TV

MDJ – Database su Rock Tv è diventata leggenda. Puoi raccontarci questa esperienza televisiva, prima su piattaforma satellitare e poi in streaming?

PS – Rock Tv ormai sono 23 anni che ci siamo. La gente dovrebbe capire cosa vuol dire la passione. 23 anni senza vedere un euro, smenandoci i soldi di tasca mia. Questo sempre per cercare di svegliare le menti delle nuove generazioni, anche se è quasi impossibile. Sono riusciti a vendergli il fumo, il niente assoluto. Gente che non riesce a beccare una nota ed usano una macchinetta per intonare la voce. Hanno fatto vincere Sanremo ad uno con l’autotune. Non c’è più decenza, anche al fare schifo non ci sono limiti.

Ma la cosa che mi spaventa non sono sti coglioni sui palchi, il problema è chi li guarda e li va a sentire. Specialmente le nuove generazioni, che dovrebbero essere il futuro di questo paese. Io spero che qualcuno li svegli, sennò sto paese è nella merda più totale. E lasciamo stare la politica, dove quello più sano, come diceva mia mamma, ha la rogna!

Ciao a tutti, ciao Mic. E sempre Long Live Rock n Roll!

RIFLESSIONI DI MIC DJ

Pino Scotto non è mai banale. Può non piacere a tutti, ma è cosa comune quando si è veri e non si scende a compromessi con nessuno. Troppo spesso si valuta la persona in maniera superficiale, e questo è un vizio che con gli anni sta peggiorando sempre di più. Pino si è rivelato una persona dispinibile, educata e rispettosa. Un uomo che mastica rock a certi livelli da una cinquantina di anni ha saputo restare sempre ben ancorato coi piedi per terra. Il suo impegno per i bambini, mai sbandierato per auto compiacersi, gli fa molto onore. Hai ragione Pino, i bambini vanno protetti. Grazie del tempo dedicatomi, personaggi che sanno trasmettere qualcosa come te andrebbero preservati.

JRR

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Scritto da: Mic DJ

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